Nell’agosto di quest’anno una interessante sentenza emanata dalla Corte d’Appello della California, riformando completamente la sentenza di primo grado, ha ritenuto Amazon responsabile per il danno causato da un prodotto difettoso presente sul marketplace (Decisione n. D075738 – Bolger vs Amazon.com LLC.).
La decisione, naturalmente, è stata impugnata avanti alla Corte Suprema della California con richiesta di integrale modifica della decisione ed affermazione della estraneità di Amazon dalla responsabilità per i danni causati al terzo nell’ipotesi in cui Amazon si qualifichi come semplice marketplace e non come rivenditore del prodotto rivelatosi difettoso.
Vediamo più approfonditamente cosa ha deciso la Corte della California premettendo che il sistema giuridico americano (sistema di Common Law) è radicalmente diverso dal nostro sistema giuridico (sistema di Civil Law) e, pertanto, non si può pensare di poter ritenere replicabile nel nostro ordinamento – mediante mero richiamo – una decisione simile a quella il cui contenuto stiamo analizzando.
Ulteriore necessaria premessa a chiarimento è che Amazon opera sul mercato – anche in Italia – sia come Retailer cioè vende prodotti per conto proprio all’utenza, sia come Marketplace cioè offre un “mercato virtuale” dove chiunque può avere la propria vetrina e offrire i propri prodotti.
Nel caso analizzato dalla Corte californiana Amazon, agendo quale mero intermediario (Marketplace) online, si è occupata della sola spedizione di una batteria venduta da un soggetto terzo tramite la piattaforma. La batteria così acquistata dopo breve tempo è esplosa causando un danno (ustione) all’utilizzatore.
La danneggiata ha quindi convenuto in giudizio Amazon per sentire condannare la società a titolo di responsabilità per il danno causato dal prodotto difettoso.
In questo caso, come detto, Amazon ha agito da mero intermediario e mentre il giudice di primo grado ha dato ragione al colosso delle vendite online, la Corte d’Appello – mediante un approfondito ragionamento – ne ha sancito la piena responsabilità.
Ricordiamo che giuridicamente nell’ipotesi in cui Amazon agisce come Retailer è parte del rapporto contrattuale con il Cliente (venditore Amazon/compratore Tizio) mentre nell’ipotesi in cui opera quale Marketplace giuridicamente essa è estranea al rapporto contrattuale limitandosi a porre a disposizione del proprio Cliente (venditore) la vetrina virtuale per la vendita dei prodotti.
Tale costruzione giuridica opera anche nel nostro ordinamento.
Pur partendo da questo concetto – consolidato anche negli Stati Uniti – la Corte d’Appello californiana ha concluso per la responsabilità di Amazon ritenendo che la società, mediante la peculiarità del proprio sistema di vendita, si posizioni diversamente nel processo di compravendita di beni.
Secondo la Corte d’Appello Amazon:
ü ha accettato l’inserimento del prodotto sul portale previa verifica del medesimo, della sua descrizione, delle riproduzioni fotografiche del prodotto e della offerta economica;
ü ha stoccato il prodotto in uno dei suoi centri di smistamento;
ü ha attirato il cliente sul Marketplace;
ü ha ricevuto il pagamento;
ü ha incassato le commissioni sulla compravendita dopo avere stabilito i termini della stessa;
ü ha impacchettato e spedito il prodotto col proprio imballaggio;
ü ha oscurato le informazioni dell’acquirente limitando la comunicazione tra il produttore e il cliente.
In base a questi elementi la Corte ha individuato una responsabilità oggettiva di Amazon pur rimanendo, ovviamente, dubbia la posizione giuridica della società all’interno del contratto di compravendita.
La Corte sembra aver “tirato per i capelli” la normativa esistente per offrire al consumatore finale un maggiore spazio di garanzia all’interno di un mercato sempre più complesso e meccanizzato.
Amazon non risponde, infatti, perché sono stati individuati obblighi di sorveglianza o di controllo nei sui confronti ma perché – secondo la Corte – è parte del processo di vendita e quindi responsabile per i danni causati dai prodotti difettosi.
La decisione, oggi isolata, pone seri punti di riflessione per gli intermediari on line i quali dovranno chiarire i contorni del loro agire al fine di regolamentare i rapporti contrattuali con i propri clienti anche in termini di responsabilità nei confronti dell’utente.
Come detto in apertura, il sistema europeo ed italiano hanno caratteristiche diverse.
Sul tema la disciplina è contenuta nella Direttiva CE 31/2000 recepita in Italia con il Decreto legislativo n. 70/2003 intitolato “Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico”.
Abbiamo visto che un Marketplace è un sito internet di intermediazione per la compravendita di un bene o un servizio: la caratteristica principale dei Marketplace è quella di radunare sotto uno stesso marchio (Amazon, eBay, Zalando) le merci di diversi produttori, venditori, aziende, vendors e sellers. Il concetto è quello del supermercato: diversi scaffali, diverse marche, un unico gestore.
In base a questo concetto, l’art. 17 del Decreto Legislativo n. 70/2003 ha stabilito l’Assenza dell'obbligo generale di sorveglianza dei Provider nelle prestazioni dei servizi di cui agli articoli Art. 14 (Responsabilità nell’attività di semplice trasporto - Mere conduit -); Art. 15 (Responsabilità nell’attività di memorizzazione temporanea - caching) e Art. 16 (Responsabilità nell'attività di memorizzazione di informazioni – hosting –) sancendo che il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
Fa eccezione un obbligo di comunicazione/collaborazione con l’autorità giudiziaria qualora l’attività renda disponibili informazioni relative ad atti o attività illecite.
Nel nostro ordinamento non sarebbe quindi possibile – in base al diritto vivente – individuare la responsabilità civile del Provider per i danni causati dal prodotto al consumatore finale.
E’ vero che, come sopra detto, il consumatore, acquistando sulle piattaforme tipo Amazon è indotto a pensare di intrattenere un rapporto diretto con la detta società quale venditore e non mero Provider e, a volte, non è così chiaro che la società opera quale mero intermediario, tuttavia, per arrivare alla conclusione adottata dalla Corte californiana, in Europa dovrebbe essere adottata una normativa che indichi in modo chiaro il contorno della responsabilità del Provider in base all’attività svolta dal medesimo all’interno della catena di vendita.